Attrezzata da Andrea Benato e Michele Amadio
Dettagli tecnici
*Gioia nera* – 350 mt – 7b+ max – 7a obbl. La roccia è dolomia di ottima qualità su tutto l’itinerario. La via è attrezzata interamente con fix inox Raumer a doppia espansione, tutte le soste sono collegate con spezzoni di cordino e hanno l’anello di calata, nonostante sia pratica la discesa a piedi dal sentiero che porta al belvedere della Granta Parey.
Avvicinamento: dal rifugio Benevolo la parete è ben visibile. Seguire il sentiero che porta al lago della Tsanteleina fino ad un grosso ometto alto un metro, da qui puntare l’evidente scudo chiaro in centro alla parete. La via parte a destra di un masso alla base della parete (1,15 h).
Discesa: a piedi per il sentiero fino al rifugio Benevolo oppure in corda doppia.
Materiale: 11 rinvii, casco, corde da 50 per le calate.
Che storia!
Preambolo, Inizio ottobre 2021
In una sera senza particolari pretese, dopo una cena a casa di Benni tra le urla dei bambini, sto sfogliando pigramente per la duemillesima volta Rock Paradise di Maurizio Oviglia che ho trovato più o meno per caso nella libreria, quando la mia attenzione ricade su uno dei pochi capitoli che non conosco.
“Oh, ma tu sei mai stato alla Granta Parey? Mi sa che è un bel marcione quella parete….” dico ad Andrea.
“No mai, ma è una vita che cerco qualcuno che ci voglia andare, la val di Rhemes è un posto pazzesco!” mi risponde con uno strano luccichio negli occhi.
“A me piacerebbe andare a metterci il naso, giusto per il valore storico eh!” rispondo.
“Tra l’altro sta facendo stranamente molto caldo…potremmo quasi andare in questi giorni…che dici?”.
Alea iacta est.
L’autunno del patriarca, 23 ottobre 2021
Saliamo veloci nella tiepida luce di un alba autunnale, il posto è davvero incantevole e la Granta Parey
sembra un gigantesco castello incastonato in mezzo ai ghiacciai della Tsanteleina e di Golettaz. La nostra
parete è l’impressionante muraglia est, lunga più di un chilometro e alta 350 metri che sorregge la cima
vera e propria qualche centinaio di metri di pietraia più in su. Siamo un pochino intimoriti e le pochissime
informazioni che abbiamo raccolto parlano di una roccia orrenda e runout pericolosi…
“Perché stiamo andando a fare sta via Benni?” dico immaginando lunghi voli abbracciato a blocchi di roccia in stile Wile il coyote
“Perché amiamo l’avventura!” mi sento rispondere “o perché non abbiamo niente di meglio da fare…”
La via scorre veloce, un tiro dopo l’altro all’inseguimento di spit alle volte piuttosto lontani.
Ma dopo aver strizzato qualche tacca e passato qualche spavento inizia a maturare la consapevolezza che la roccia non è poi così brutta, anzi in molti punti è davvero bella! Calcare in Valle d’Aosta, a 3000 metri…che roba! Magari si potrebbe anche pensare ad una via nuova…rifletto mentre prepariamo le doppie. Mentre scendiamo gli occhi vagabondano e si perdono nell’immensità di quella parete sulla quale corrono solo due vie delle quali nessuna esce in cima…poi il colpo di fulmine! All’estrema destra del pilastro vedo una colata grigia che mi sembra essere piuttosto compatta.
“Micky ma quella lì non ti sembra un colata di calcare?” mi anticipa Benni mentre i miei occhi si perdono e il mio cervello inizia a sognare…
Il male al collo mentre scendiamo verso casa è il tangibile ricordo del tempo speso a stare col naso all’insù tra le pieghe della Granta e la firma del nostro patto: si va in scena!
Gioia nera, 18 agosto 2022
Avevo rimosso il ricordo di quanto possa essere pesante uno zaino carico dell’attrezzatura per chiodare, ma la sete di avventura fa volare il tempo ed in un attimo siamo alla base della parete con la tachicardia a guardare quell’ammasso di dolomia che strapiomba sulle nostre teste, tocca a me iniziare. Abbiamo una serie di friend e qualche chiodo ma vista la compattezza della roccia decidiamo praticamente da subito che sarà una via spit e che utilizzeremo i cliff solo per appenderci mentre buchiamo col trapano (detta così non sembra nemmeno una cosa così paurosa…brrr).
La roccia della “conchiglia” che sorregge il pilastro mi regala un lungo primo tiro in placca che, non senza qualche brivido freddo, chiodo rispettando l’etica dello “spitnonproprioascellare” imposta dalle altre due vie della parete.
Et voila on est parti per il viaggio che ci appiccicherà a quella parete per circa 60 ore rubate ai mille impegni delle nostre vite, che ci costerà sudore fatica e spaventi, interminabili salite in jumar, cliffate improbabili e qualche decollo imprevisto. Un viaggio fatto di avvicinamenti schiacciati da zaini pesanti e di lunghe discese al tramonto divagando tra filosofia politica e vita adulta, di giornate col piumino a battere i denti e di altre a sciogliere sotto il solleone, di ore a digiuno e di rifocillate al meraviglioso Rifugio Benevolo.
Un viaggio di due estati che ha attraversato due anni fantastici e devastanti allo stesso tempo, un viaggio di fughe verso la Grande Parete alla ricerca di un senso che non abbiamo ancora trovato…
Gioia Nera – La libera, 20 agosto 2023
Ed alla fine è arrivato anche il giorno della libera, bollente e manco a farlo apposta a quasi un anno esatto
dal primo giorno. Che meraviglia ripercorrere tutti quei metri scalando leggeri, concatenando movimenti e dando la forma definitiva alla nostra visione. Le lunghezze di corda si rincorrono tra placche e strapiombi…e la roccia è davvero bella! Dolomia di qualità, non fosse per i ghiacciai tutto intorno faticheremmo a credere di essere in Valle d’Aosta. Con il verde del Lago della Tsanteleina che fa da sfondo arriviamo in cima all’ultimo tiro, è fatta abbiamo finito! Che avventura incredibile, ci sentiamo vivi e liberi ecco il senso della vita!! O forse no…e adesso? Cosa facciamo? Ci sentiamo svuotati…mentre scendiamo siamo silenziosi ci sembra quasi impossibile ma siamo quasi tristi…
Ma forse è proprio questa continua altalena che dà il ritmo alla vita, che ci ribalta continuamente la
prospettiva…e se forse il senso stesse proprio nel non cercare di dare un senso? Quasi un ossimoro, come la gioia anche se nera.