La prima volta che Luca mi ha parlato di Soul Man me la stavo spassando a Saint-Léger. Non avevo neanche capito quale fosse il tiro né come si chiamasse. Ero semplicemente contenta di sentire mio fratello motivato e di sapere che anche lui stesse riuscendo a ritagliarsi del tempo per fare quello che più ci piace: scalare.
Solo dopo essere tornata dalle vacanze francesi ho davvero capito di che via si trattasse e perché lui fosse così entusiasta. Non capita infatti tutti i giorni di trovare un progetto vicino a casa, bello (molto bello), duro, con tanto di premio in denaro per chiunque fosse riuscito a liberarlo e – ciliegina sulla torta – in un posto davvero super.
Sì perché la falesia Città di Uruk, in Val Sapin, è una chicca. Una chicca nota da tempo, ma che solo nell’ultimo periodo, grazie ad un bel lavoro di pulizia e richiodatura, ha finalmente conosciuto il successo e la frequentazione che si merita. Ha però una pecca: sotto questa barra di roccia posta a 1500m di quota, è difficilissimo trovare le condizioni giuste. E su un tiro come Soul Man – 20m di tacche e buchetti su di un calcare quasi nero – lo è ancora di più.
Soul Man inizia lentamente: i primi tre rinvii lasciano il tempo per prendere confidenza con la roccia e trovare la giusta concentrazione. Ma non appena mani e piedi oltrepassano il tettino, inizia il conto alla rovescia. Bisogna scalare veloci e precisi perché le prese dei metri successivi sono piccole e lontane.
Superata questa prima sezione si arriva al riposo. Non è dei più comodi, le gambe sono aperte in spaccata e le braccia chiuse in bloccaggio, ma consente di riprendere un attimo fiato. I movimenti che seguono sono fisici e impegnativi, ma lo stile è il “nostro”: buchi buoni e distanti, piedi piccoli e brutti.
Si arriva così al blocco finale. Tre movimenti di pura violenza, tre tacche verticali da strizzare. È stato lui a farci soffrire. A farci cambiare méthode più volte. A farci sperare in una nuvola quando il sole scaldava inesorabilmente la roccia e a farci pregare in un raggio di sole quando la velata la rendeva marmorea. A farci cadere.
La penultima domenica di novembre era finalmente tutto perfetto. Méthode, aderenza, temperatura. Avevamo anche due supporters e videomakers d’eccezione: i nostri genitori! Che avevano scarpinato fin lassù pur di vederci.
Mio fratello si riguarda i passi con calma, poi parte: scala bene, scala deciso e… Non cade. Che spettacolo, Soul Man non è più un progetto. Ha la sua prima salita e il suo primo salitore.
Io avrei tanto voluto rendere quella giornata ancora più speciale e ce la metto davvero tutta per riuscirci, ma cado due volte al blocco finale.
Le previsioni meteo danno neve in arrivo, la mia schiena pensa bene di bloccarsi per cinque giorni e io perdo un po’ le speranze.
Ma poi capita un giorno libero in settimana e compare un sole pallidissimo su 3bMeteo… «Se il sentiero è innevato mettiamo i ramponcini», «se hai freddo ti accendo il fuoco», «se il sole spunta anche solo mezz’ora te la puoi giocare».
E così, l’ultimo giorno di novembre, mi aggrappo alla follia di mio fratello e in quegli unici 40 minuti in cui la velata lascia posto al cielo azzurro mi gioco la mia ultima carta. E vinco.
Proponiamo il grado di 8b/+ e ringraziamo i chiodatori della via e gli organizzatori del concorso per la bella opportunità.